Da “L’italiano e il libro: il mondo tra le righe” edito dall’Accademia della Crusca

La diffusione del libro a stampa nell'Italia del '400


Come tutti ben sappiamo, durante la seconda metà del 1400, un tedesco di Mainz, Johannes Gutenberg, inventò un nuovo sistema per produrre libri, la stampa a caratteri mobili, che Bacon avrebbe successivamente considerato, insieme alla bussola e alla polvere da sparo, una delle tre invenzioni che hanno cambiato profondamente il mondo.

Infatti, precedentemente, per copiare a mano un libro di una certa mole, un copista doveva lavorare per due o più mesi, mentre la stampa ha permesso di “riprodurre da un esemplare più di duecento volumi in cento giorni e con l’opera di non più di tre uomini”, un torchio da stampa, uno stock di caratteri mobili e la carta necessaria.

Inoltre i nuovi libri venivano venduti ad un costo pari ad un decimo di quelli scritti a mano, moltiplicando così la platea dei potenziali acquirenti – si capisce quindi perché, nonostante l’ostilità di molti copisti e la riluttanza dei lettori più raffinati, il nuovo sistema si impose rapidamente.

Tra l’altro i primi libri somigliavano molto ai manoscritti dai quali venivano riprodotti, differenziandosi semplicemente dal colore dell’inchiostro che era nero o tendente al nero, anziché bruno come quello che usavano i copisti.

Per quanto riguarda invece la scelta dei caratteri tipografici (romano, gotico o corsivo) individuava, per un certo senso, i potenziali lettori; il gotico, ad esempio, rimase fino alla metà del Cinquecento il carattere tipico dei “libri popolari” e quindi, non a caso, il più povero di segni di interpunzione. 

Copisti e tipografi: i primi libri in latino e i primi libri in volgare


Una delle principali differenze tra un copista e un tipografo-editore è che il copista lavorava su commissione, dove il cliente chiede una copia di un certo libro e il guadagno di norma è sicuro. Al contrario, il tipografo-editore non dispone quasi mai di prenotazioni e dunque, scegliendo di riprodurre un manoscritto, scommetteva sul fatto che la stampa e la vendita ad un prezzo molto ridotto rispetto alle copie scritte a mano sarebbero bastate a garantire la vendita di quasi tutte le copie.

Le imprese più ambiziose erano i libri in latino per collaudate categorie di lettori professionali, dove però gli editori cercavano di andare sul sicuro puntando su libri che avevano avuto già avuto un buon esito, senza tenere conto dei rischi di sovrapproduzione.

Venezia invece era in testa per la produzione dei libri in volgare, dove non si produceva solo per il mercato regionale, ma anche per quello nazionale ed internazionale – e fu proprio questo il motivo per cui i libri in volgare stampati a Venezia rivelavano, in forte anticipo sulle grammatiche cinquecentesche, una ben visibile ricerca di omologazione linguistica nella direzione del toscano letterario.

Inoltre, non diversamente dagli editori di opere classiche, anche gli editori di testi volgari vantavano a scopo promozionale la loro diligenza e la qualità testuale delle loro opere, decantando spesso di disporre dell’originale di autori da tempo defunti.

La norma con le iniziative di grammatici e tipografi


Nei primi anni del Cinquecento un evento di fondamentale importanza culturale e linguistica mutò il corso della storia della lingua italiana relativamente alla norma: un tipografo, Aldo Manuzio, e un letterato-filologo, Pietro Bembo, pubblicarono a Venezia “Le cose volgari” di Petrarca e “Le terze rime” di Dante – piccoli libri, raffinati e tascabili, pensati per una larga diffusione. 

La leggibilità dei testi veniva garantita da un nuovo sistema interpuntivo che possiamo definire moderno (virgola, punto e virgola, due punti, punto, apostrofo e accenti) destinato ad imporsi in tutta Europa.

L’operazione editoriale delle aldine presuppose uno studio linguistico accurato e approfondito, inserendosi in un coraggioso progetto di valorizzazione del volgare letterario del Trecento fiorentino, ideato in vista della fondazione di una nuova letteratura.

Nel 1516 venne di conseguenza pubblicata la prima grammatica a stampa dell’italiano, le “Regole grammaticali” di Giovan Francesco Fortunio che, per primo, nell’ambito del volgare, non solo estrasse le regole dal grande tesoro delle opere di Dante, Petrarca e Boccaccio, ma costruì uno “schedario” ricco di moltissimi esempi grammaticali, ortografici, lessicali e di brani d’autore, che sarebbero diventati, da lui in poi, materia concreta del dibattito e della normalizzazione linguistica cinquecentesca.

La punteggiatura


Se il sistema grafico ricevette una particolare attenzione da parte di molti grammatici e lessicografi cinquecenteschi, lo stesso fu per “l’arte del puntar gli scritti”.

Fu evidente, infatti, che la stampa, rivolgendosi ad un pubblico più ampio e differenziato rispetto al passato, esigeva prodotti non solo linguisticamente più uniformi dal punto di vista grafico e morfologico, ma anche dotati di una segnaletica interpuntiva opportuna, capace di favorire la leggibilità e comprensibilità dei testi, aiutando così il lettore a riconoscere tutte le parti della “costruzione e della sentenza”.

Fu così che nel 1585 Orazio Lombardelli dedicò a questo tema un intero manuale, “L’arte del puntar gli scritti”, dove evidenziava quanti fossero i soggetti interessati ad imparare l’uso corretto della punteggiatura, compresi gli stampatori e i correttori di stampe.

Egli riconobbe infatti alla punteggiatura una funzione sia logico-sintattica sia intonativo-pausativa legata alla pratica della lettura ad alta voce all’epoca ancora molto diffusa.

Questa riforma fu fondamentale per garantire la leggibilità e la comprensibilità di testi non più destinati ad un pubblico ristretto; tuttavia impiegò molto tempo per essere accettata ed adottata, soprattutto perché si trattò di una “norma dall’alto”, strettamente legata ad una ricostruzione filologicamente adeguata e attendibile di quei grandi capolavori letterari fiorentini trecenteschi da cui trarre le regole di una lingua comune.

Per approfondire la questione della lingua in una prospettiva di genere puoi invece rivolgerti a questo articolo.

Articolo di Amalia

Ricordo quando mi sporcavo le mani con gli inchiostri di papà! Oggi so quanto sono stata fortunata. amalia@litocinquegrana.it

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